IL VALORE AGGIUNTO DELLA METRO C: L’ARCHEOLOGIA
La realizzazione della Linea C della metropolitana di Roma, che attraversa oltre a vaste aree della periferia urbana importanti settori del centro storico e dell’area archeologica centrale, pone, più che in altri centri urbani, il tema dell’archeologia intesa come eccezionale risorsa e non come interferenza con le opere da realizzare.
La costruzione delle stazioni, che rende necessaria l’asportazione di consistenti volumi di depositi archeologici sepolti, costituisce un’occasione unica e irripetibile per acquisire nuovi e importanti dati anche in aree finora archeologicamente poco note, o affatto note, soprattutto a causa della profondità di giacitura delle stratigrafie antiche, che raggiunge in alcuni casi i 20 metri dal piano di calpestio contemporaneo.
La necessità di dover operare in un territorio che presenta una notevole densità di presenze archeologiche e in un tessuto urbano pluristratificato e ricco di resti monumentali ed edifici storici, ha fatto sì che il progetto della Linea C scaturisse da un articolato processo di concertazione tra la Soprintendenza Archeologica e i soggetti incaricati della realizzazione dell’infrastruttura, che ha condotto alla definizione di un ampio programma di indagini articolato in due fasi.
In realtà la concertazione tra ingegneri e archeologi è iniziata con i tecnici dell’amministrazione Comunale, prima dell’elaborazione del progetto posto poi a base di gara. Tale attività ha portato ad escludere alcune aree di cui era già noto l’interesse archeologico. Per esempio, la stazione Lodi che era prevista in piazza Lodi, nel cui sottosuolo giacciono i resti del Circo Variano, è stata spostata in via La Spezia, ove la presenza dei resti di un’antica cava di tufo ne ha consentito la realizzazione.
In alcuni casi è stata la Soprintendenza Archeologica di Roma a suggerire l’ubicazione più adatta per una stazione, come avvenuto per la stazione Fori Imperiali, ora in corso di realizzazione, nell’area dell’altura della Velia, rimossa negli anni ‘30 del XX secolo per fare posto all’omonima via.
Una volta espletata la gara internazionale che ha portato all’aggiudicazione della realizzazione dell’opera e dello sviluppo della progettazione definitiva ed esecutiva a partire da 2006, per le Tratte T2, T3, T6 e T7, sono state eseguite le indagini archeologiche cosiddette di Prima Fase, secondo diverse tipologie d’intervento:
- carotaggi a recupero di nucleo con lettura archeologica:
- saggi archeologici con blindaggi autoaffondanti.
- scavi archeologici sostenuti da pali o diaframmi in cemento armato.
Solo nell’area centrale, lungo la Tratta T3, da Via Sannio a Piazza Venezia, e lungo la Tratta T2, da Piazza Venezia a Clodio-Mazzini, per le indagini preventive di Prima Fase sono stati aperti 22 cantieri archeologici, alcuni dei quali hanno dato importanti risultati.
Altri tre siti sono stati esplorati nella Tratta T6 (Giardinetti, Torre Spaccata e Stazione Giglioli)
Le due trincee esplorative realizzate per la progettazione della Stazione Fori Imperiali all’angolo tra Via delle Carine e Via dei Fori Imperiali, hanno consentito di documentare le fasi di costruzione, uso e ripristino di un tratto dell’antico vicus ad Carinas e l’assetto di epoca tardo imperiale degli edifici posti alle pendici occidentali della Velia.
Nel sito relativo alla futura Stazione Venezia le indagini della prima fase hanno evidenziato, come previsto, una stratigrafia articolata e complessa senza soluzione di continuità a partire dalle fasi arcaiche e repubblicane (VI/V secolo a.C.) fino alle sistemazioni dell’età contemporanea.
Nello scavo al centro della piazza, che ha raggiunto una profondità di circa 8 metri, è tornata in luce la via Flaminia, affiancata da un’area commerciale e produttiva. E’ stato possibile esplorare i livelli più profondi solo mediante i carotaggi a causa della risalita d’acqua di falda, rimandando il completamento delle indagini alla seconda fase, cioè la fase costruttiva.
Le indagini eseguite a Piazza della Madonna di Loreto hanno consentito di riportare in luce un complesso monumentale di eccezionale importanza, databile all’età adrianea, costituito da tre grandi aule (auditoria) dove si svolgevano discussioni filosofiche e pubbliche letture di opere letterarie. Per questo sito le indagini archeologiche di prima fase si sono concluse con la richiesta del MibacT di valorizzare il monumento, una delle più grandi scoperte archeologiche a Roma degli ultimi decenni, nell’ambito della futura stazione Venezia.
Altri importanti risultati sono derivati dalle indagini a Via Cesare Battisti, dove è stata rinvenuta una lussuosa domus con peristilio con rivestimenti marmorei e affreschi.
Per la progettazione della Stazione Torre Argentina sono stati eseguiti due sondaggi nei pressi della chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove sono state intercettate la monumentale Porticus Boni Eventus e altre strutture pertinenti al cosiddetto Stagnum Agrippae.
Gli scavi in Piazza Sforza Cesarini per la Stazione Chiesa Nuova hanno restituito una complessa sequenza di fasi costruttive: al disotto dei resti di una domus tardo antica lo scavo ha riportato in luce una muratura in opera quadrata di tufo databile tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio dell’età imperiale, sopraelevata in età adrianea, afferente a un grande canale artificiale, l’Euripus di Agrippa, individuato anche sotto il Palazzo della Cancelleria.
In prossimità del Tevere, a Piazza Pasquale Paoli, sono state effettuate le indagini per la Stazione San Pietro. Le fasi di occupazione di età romana sono qui testimoniate da poderose strutture in blocchi di tufo irregolarmente squadrati, afferenti a opere di sistemazione attuate lungo la sponda del fiume.
Oltrepassato il Tevere, nel quartiere Prati-Delle Vittorie, in considerazione della notevole profondità dei livelli archeologici, si sono rivelate di grande utilità per la conoscenza del paesaggio antico le serrate campagne di carotaggi che hanno permesso di ricostruire l’originaria morfologia, l’andamento delle stratigrafie antiche e la loro distribuzione.
Approvato il progetto definitivo nel 2009, sono iniziate le indagini cosiddette di Seconda Fase, contestuali alla costruzione delle opere.
Tali indagini prevedono sondaggi puntuali mediante carotaggi a recupero di nucleo in corrispondenza delle opere perimetrali in cemento armato e, una volta posta in sicurezza l’area d’intervento, lo scavo archeologico integrale dei volumi di terreno, fino all’affioramento dei sedimi sterili. Questa fase è la più delicata perché comporta, in molti casi, la contemporaneità delle lavorazioni, ovviamente entro spazi diversi del manufatto.
Conclusa la Prima Tratta Funzionale, nella quale sono stati indagati 29 siti (Tratte T7, T6A, T5 e T4), dal capolinea a Pantano Borghese, dove è emerso un insediamento eneolitico, alla Stazione San Giovanni, sono attualmente in corso gli scavi lungo la Tratta T3, nei siti relativi alle stazioni Fori Imperiali e Amba Aradam/Ipponio.
Oltre ai rinvenimenti archeologici, le indagini propedeutiche, carotaggi e scavi puntuali, hanno consentito di ricostruire la morfologia originaria di porzioni di territorio, non ancora modificato dall’intervento dell’uomo. E’ il caso del territorio extramuraneo compreso tra la via Casilina Vecchia e Porta Metronia, lungo le tratte T4 e T3, indagato diffusamente fino ai giardini di Via Sannio adiacenti Porta Asinaria e a Piazzale Ipponio.
L’enorme mole dei dati desunti dalle indagini ha consentito di ricomporre progressivamente l’assetto geomorfologico e lo sviluppo insediativo del territorio dall’età preantropica alle opere di urbanizzazione dei primi decenni del XX secolo. Le informazioni raccolte sono confluite in restituzioni tridimensionali che ripropongono le fasi evolutive del paesaggio profondamente segnato dall’opera dell’uomo in relazione al controllo e alla gestione delle risorse idriche del territorio.
Prima delle trasformazioni indotte dall’attività umana, l’orografia del territorio compreso tra la Via Labicana e Piazzale Metronio era caratterizzata, nella zona orientale, da un alto e vasto pianoro tufaceo, su cui fu poi costruito in posizione dominante e scenografica l’Anfiteatro Castrense, pianoro inciso, da Piazza Camerino fino a Via Monza, da una valle. Tra il pianoro e la valle era una ripida scarpata che, dopo un salto di quota di ca.20 m, scendeva poi più dolcemente. A ovest dell’Appia Nuova, sul versante opposto della valle, era un altro altopiano tufaceo. Una delle zone più depresse corrispondeva agli attuali Piazzale Appio e Largo Brindisi ove il vasto invaso era connesso con la valle a ovest di Porta Asinaria.
L’aspetto del territorio, prima della realizzazione del limite artificiale costituito nel III sec. d.C. dalle Mura Aureliane, era dunque molto articolato, con rilievi e vallecole attraversate da ruscelli e corsi d’acqua di maggiore portata.
Le fasi insediative che si sono succedute nei secoli nella fascia extramuranea compresa tra la stazione san Giovanni e Porta Metronia sono strettamente legate alla presenza del corso d’acqua affluente del Tevere, definito “fiume” nel Cinquecento e denominato “Acqua Crabra”, citato da Cicerone, Frontino e Procopio.
La grande azienda agricola della prima età imperiale indagata nella Stazione San Giovanni si sviluppò lungo il corso del fosso, utilizzato per l’alimentazione di complessi sistemi di irrigazione e di una gigantesca riserva d’acqua.
La caserma tornata in luce a 9 m di profondità nella Stazione Amba Aradam, può essere considerata, per le sue caratteristiche di unitarietà e conservazione, una delle più rilevanti scoperte archeologiche avvenute a Roma negli ultimi anni. Risalente all’epoca dell’imperatore Adriano, la caserma fu abbandonata, rasata e in parte interrata in concomitanza con la realizzazione delle Mura Aureliane. Ai lati di un lungo corridoio centrale si aprono 39 ambienti di cui 25 quadrangolari (ca. m 4×4), secondo uno schema ricorrente negli alloggi delle caserme del mondo romano.
Il complesso dell’Amba Aradam si colloca alle pendici del Celio, in un contesto topografico caratterizzato dalla presenza di altri edifici militari: i Castra Peregrina presso Santo Stefano Rotondo, la Statio V cohortis dei Vigili presso Santa Maria in Domnica, i Castra Nova Equitum Singularium presso San Giovanni in Laterano. A valle della caserma è in corso di completamento lo scavo di una domus.
A seguito di questa importante scoperta la Soprintendenza Archeologica di Roma, al fine di salvaguardare e valorizzare i ritrovamenti, ha prescritto la ridefinizione del progetto architettonico allo scopo di ricollocare le strutture antiche all’interno della stazione e di contestualizzare i reperti rinvenuti ripristinando la relazione visiva con le Mura Aureliane, secondo un’organizzazione funzionale degli spazi volta a integrare questa straordinaria scoperta con l’opera infrastrutturale.
I risultati emersi dagli scavi per la Stazione Fori Imperiali, eseguiti in diverse riprese e tuttora in corso, stanno consentendo di delineare con maggiore precisione l’estensione della collina Velia, distrutta nel 1932, e l’entità dei resti archeologici risparmiati dalle demolizioni e conservati alle spalle del muro del Muñoz e sul Piazzale del Colosseo, di arricchire con nuove acquisizioni il quadro storico-topografico di questo importante settore dell’area archeologica centrale, devastato dagli interventi di sbancamento per la costruzione di Via dell’Impero e la realizzazione a cielo aperto della Linea B della metropolitana.
La scelta di collocare la gran parte del corpo stazione in corrispondenza della parte sbancata della Velia limita notevolmente l’interferenza con le stratigrafie archeologiche in una zona così cruciale della Roma antica.
L’allestimento museale già realizzato nella Stazione San Giovanni, come il progetto in corso di definizione per la valorizzazione in situ del complesso archeologico rinvenuto presso la Stazione Amba Aradam, confermano quanto la realizzazione di grandi infrastrutture urbane come la Metro C rappresenti una formidabile opportunità di arricchimento delle nostre conoscenze storico-archeologiche e di tutela e valorizzazione delle nuove scoperte. Il tema della restituzione al pubblico delle risorse archeologiche appare di cruciale importanza per la corretta realizzazione di un’opera di grande rilievo come la Metro C. L’edizione dei dati scientifici e la comunicazione a cittadini e utenti delle scoperte effettuate durante i lavori della Metro C costituiscono una tappa fondamentale nel percorso realizzativo.
Dott. Rossella Rea – Parco Archeologico del Colosseo